08 luglio 2014

Ci vuole una Rivoluzione!


Caro Diario,
Se conto il numero di persone che seguono filosofie o dottrine politiche che considero discutibili se non del tutto irragionevoli mi sento in profonda minoranza. Se poi vedo quanti pochi siano coloro che sono disposti a sacrificare il loro "buon senso" in favore di uno piú ampio, che includa una visione estesa nel tempo e nello spazio, mi sento uno

Straniero in terra straniera

Mentre mi trovavo da solo nel bosco, alla ricerca della Visione, ho avuto molto tempo di riflettere sulla contrapposizione apparente fra Via spirituale e azione sociale. Alla ricerca di Comunitá, Fratellanza e Giustizia ci si ritrova spesso soli, odiati e perseguitati. la tentazione di lasciare il mondo a se stesso e dedicarsi alla contemplazione é forte. Ma il desiderio di portare a compimento la Formula del Sole Ermetica "realizzando il Mistero di una Cosa Sola" é potente. E allora eccomi di nuovo qui: ferito ma non spezzato a incitare il lettore all'unica rivoluzione permanente.
I passi che seguono sono tratti da "Quale Democrazia? Riferimenti per un buon Governo" di Raphael.

Il problema Politico: Culto dell'Ego 

Ma tutti voi credete che in una societá in cui si ha il culto dell'Io, o del semplice corpo-funzione ghiandola, si  possa instaurare un giusto rapporto e l'armonia inter-individuale e inter-egoica?
La vita dell'Io, é una lotta incessante per appagare ed espandere se stesso, per compensarsi, e pur di sopravvivere, esso inventa ideali addirittura sublimi, ma che poi si dimostrano evasioni.
 È anche per questo che cambiano solo le strutture, i governi, le denominazioni delle organizzazioni; ma non è col semplice cambiare vestito che possiamo trasformare la coscienza. 

Rivoluzioni fasulle  

Un gruppo di disperati, alienati, sfruttati un bel giorno si sveglia e lotta e guerreggia contro i "padroni" oppressori, vincendo la battaglia. a quel punto le parti si invertono: quei poveri sfruttati, lentamente, e per ovvie ragioni, diventano a loro volta "padroni" 
[...] In breve i rivoluzionari di una generazione sono i reazionari della generazione seguente. 
 prima o poi il progresso cosí concepito, cioè a senso unico,  potrá avere tre sbocchi : uno sconvolgimento di ordine naturale, una catastrofe prodotta dall'uomo stesso oppure, e questo  terzo sbocco  sarebbe il piú augurabile, si arriverá a un tale grado di abbrutimento intellettuale, morale ed educativo, da portare la coscienza, per contraccolpo, a una inversione di marcia. Quando si arriva all'estremo fondo di un evento, non puó non avvenire qualcosa. Diremo che é un dato incontrovertibile. Molte civiltá sono nate, si sono sviluppate e degradandosi sono scomparse.
Per uscire dall’egoismo capitalista individuale o statale, che dir si voglia, dobbiamo uscire dal mondo dell’io. Lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo potrà morire quando morirà il mostro del desiderio, dell’egoismo, del “tu sei tu” e “io sono io”. 
 La via dell’io è via d’ingiustizia, d’intolleranza, di non libertà e di non fratellanza, qualunque filosofia esso possa seguire. Se vogliamo, dunque, instaurare una società in cui la Libertà, la Fratellanza e l’Uguaglianza vivano veramente, dobbiamo fare una radicale rivoluzione di coscienza e rettificare prima di tutto in noi il guasto che inconsciamente o consciamente abbiamo prodotto; dobbiamo, in altri termini, modificare le cause non gli effetti. Senza questa rivoluzione, ogni altra rivoluzione è falsa rivoluzione. 

Lo Stato Perfetto

Secondo Platone, lo Stato é l'incarnazione della suprema Giustizia; esso riflette in se quell'intrinseca armonia che regna nell'ordine universale. 
Lo Stato perfetto è quello in cui l’autoritarismo oligarchico è abolito e l’individuo può vivere nell'accordo e nella cooperazione con i propri simili. Ciò implica lasciarsi guidare dal di dentro della propria consapevolezza, consapevolezza però risvegliata alla realtà dell’unicità della vita. Solo con un ordinamento che miri a educare l’istinto, il sentimento e il pensiero è possibile realizzare lo Stato perfetto.
Platone, nella sua Politeia ideale, concepisce lo Stato come un'Anima ingrandita. 

I Politici 

 Secondo Platone lo “Stato ideale” e perfetto dobbiamo realizzarlo prima di tutto in noi stessi. Là dove non v’è una perfezione interiore non può esserci altresì una perfezione esteriore.
Vi sono, e vi sono stati, politici, scienziati, filosofi e religiosi, ecc che danno un contributo notevole all'elevazione morale e spirituale dell'Uomo. vi sono anche ideologie politiche accettabili che, se venissero incarnate da persone risvegliate, potrebbero portare indubbiamente  grande beneficio al corpo sociale. 
posto che per governare la società occorrono persone che siano libere da passioni di qualsivoglia natura, dobbiamo convenire che queste persone piú che "avere" il potere, o "volere" il potere, devono rappresentare delle funzioni o dei ponti per congiungere l'Ordine universale con quello umano. Ciò significa che devono sapere armonizzare l'umano con la Nota dell'universale e saper poi trasmettere l'Armonia risultante dall'accordo fra macrocosmo e microcosmo.

Il vero artista rende visibile l'Invisibile, ed educa la corda vibrante dell'osservatore alla captazione dell'invisibile ; egli é Maestro, come lo ksatriya é Maestro nell'arte militare. Cè quindi l'iniziazione in riferimento all'ordine dei Mestieri e delle Arti. 

lo ksatriya, o il custode, incarna l'azione che deve essere in armonia con il principio o Dharma universale, non certo con il proprio interesse individuale.

 Valori dello Stato

 L’aspirazione dell’uomo è quella di riconoscersi fratello tra fratelli e uguale fra uguali. Il trinomio libertà, fraternità e uguaglianza è insito e scolpito nella natura stessa dell’essere. Anche nei vostri cuori sento che palpita, incute rispetto e propone aspettative, e ciò mi rallegra perché un cuore che non sappia vibrare all'unisono con certe verità fondamentali non può iniziare un dialogo con se stesso. non si può abbracciare l’Essere fugando il mondo del divenire o disconoscendo certi problemi che sono inerenti a quanti ancora sono nel mondo delle apparenze. C’è qualcuno che ha meditato su quali livelli può attuarsi la fratellanza e l’uguaglianza?.
Prima di tutto, ognuno puó esprimersi secondo la propria attitudine psicologica e spirituale (Libertà). Secondo: poiché gli ordini sociali sono nati dalla stessa fonte principiale, gli esseri che ne fanno parte possono considerarsi fratelli (Fratellanza). Terzo: poiché a certi livelli esistenziali si é Unitá indivisa, allora, tenendo presente questa veritá, ci si deve considerare uguali come essenza e differenti come corpo-psiche (Uguaglianza).
Quarto; non essendo gli ordini sociali fini a se stessi, ma mezzi con cui innalzare la coscienza, l'azione-lavoro deve ad acquistare un valore di sacralitá, di rito, di azione trasfigurante (Azione-lavoro redimente)

Eguaglianza nell'Essere

Lei pensa che possiamo considerarci uguali solo perché vestiamo tutti nello stesso modo, usiamo uno stesso linguaggio, abbiamo lo stesso tipo di casa e ci denominiamo tutti dottori, contadini o operai? Lei crede che l’uguaglianza dei sessi si ottenga indossando un vestito unisex? Lei pensa che dandoci tutti del tu, accorciamo veramente le distanze?
Se vogliamo riconoscerci unità, uguali tra uguali e, direi di più, in identità, a quale livello del nostro essere dobbiamo guardare? In una società di “io” è mai possibile instaurare la libertà, la fratellanza e l’uguaglianza? Uguaglianza significa considerare l’altro come me stesso, e fratellanza considerare me e l’altro come effetti della stessa Causa.
 Sul piano del sensibile non può esserci uguaglianza. Certo questa esiste, anzi esiste qualcosa di più, esiste l’identità di tutti gli enti esistenti. La Vita è una, e vi è un solo Princìpio, un solo sommo Bene, un solo Essere. Però, non è certo a livello dell’io sono io e tu sei tu che si può trovare l’identità coscienziale, oppure la consapevolezza che noi tutti siamo gocce dello stesso oceano.
 In ogni modo, v’è, credo, un livello esistenziale che può superare ogni tipo di ingiustizia, di disuguaglianza sociale, ed è di ordine sovra individuale. In questa dimensione gli esseri possono incontrarsi, comprendersi e amarsi. In questa dimensione si può riconoscere l’oggetto come simbolo di potenza. 
“Schiavi e padroni non potrebbero mai diventare amici, né lo diventano incapaci e valenti portati, con pubblico decreto, allo stesso livello di onore e considerazione; l’uguaglianza fra ineguali diverrebbe ineguaglianza se non ci fosse un criterio di giusto limite. Per questi due fattori gli stati pullulano di sedizioni. È vera infatti l’antica sentenza che l’uguaglianza genera la concordia, è un detto molto giusto e conveniente; ma quale sia mai l’uguaglianza che può far ciò non essendo molto chiaro, ciò ci lascia molto perplessi. Ci sono due specie di uguaglianza, hanno lo stesso nome, ma nei fatti sono quasi l’una contraria all’altra per molte ragioni; l’una può introdurla ogni stato e ogni legislatore, nella distribuzione degli onori e delle cariche; è uguaglianza per misura, peso, numero, e nelle suddette distribuzioni si può regolarla con un sorteggio. L’altra, la più vera e l’ottima uguaglianza, non a tutti è così facile vederla. Il discernerla appartiene a Zeus, agli uomini viene in soccorso sempre in misura minima, ma per quanto ciò si dà negli stati e negli individui è sempre fonte di ogni vantaggio. Dà di più a ciò che vale di più, meno a ciò che vale di meno, dà a ciascuno dei due ciò che ad esso spetta secondo il suo valore naturale, e così sempre attribuisce più grandi onori a chi è più grande per virtù, e a chi è nella condizione opposta per virtù ed educazione ciò che conviene a questi, così come lo dà agli altri, e nella giusta proporzione. E infatti per noi anche ciò che è politica è proprio questa giustizia; e dobbiamo, Clinia, anche ora tendervi e fondare lo stato che nasce, gli occhi fissi a questa uguaglianza. Chi ne fonderà un altro deve dare le leggi con questo stesso obiettivo e non in funzione di pochi tiranni, o di uno solo, o di qualche forza popolare, ma sempre della giustizia; questo è ciò che or ora si disse quell’eguale dato ai diseguali che a ciascuno spetta per natura, nei vari casi (Platone, Leggi: VI, 757 a-d. Laterza, Bari)”.